venerdì 20 marzo 2009

Diossina negli animali nei dintorni dell´Inceneritore di Montale

venerdì 20 marzo 2009
Comunicato stampa. La lezione di Montale

Gli ultimi rilievi fatti nella zona circostante l'inceneritore di Montale che, lo ricordiamo, si trova a due passi dai Comuni di Prato e Montemurlo, hanno evidenziato un'importante presenza di diossina e di altre sostanze inquinanti, negli animali prelevati nella zona. Il rapporto ufficiale che interpreta i dati, fornito dalle autorità competenti, ci appare a dir poco preoccupante ma non solo per i tassi di veleni depositati in animali destinati all'alimentazione, - cosa che purtroppo non ci stupisce - ma soprattutto per la solerzia con cui esso scagiona l'impianto di incenerimento dei rifiuti, ipotizzando altre ipotetiche e non identificate cause di inquinamento ambientale.

La realtà però non la si può sempre facilmente coprire se non cadendo nell'assurdo e nella manipolazione: l'inceneritore di Montale è un impianto vecchio e insicuro che ha già avuto i suoi periodi di chiusura per il livello di emissioni velenose che distribuiva su tutto il territorio e che nonostante ciò, si vuole forzatamente tenere in piedi e anzi raddoppiare. Dalla sua riapertura, la situazione non è migliorata e pensiamo che i metodi con cui si monitora l'impianto non siano adeguati.
La scadenza elettorale si avvicina e chi intende competere per amministrare le città e la Piana si trova di fronte a una scelta. La prima possibilità è quella di continuare una politica dei rifiuti basata sull'incenerimento, condannando l'ambiente a ricevere subdoli e letali veleni per accontentare gruppi industriali e piccoli potentati locali.
La seconda è invece quella di puntare sul riciclo, sul riuso, sulla riduzione a monte degli imballaggi e su tutte le tecnologie senza combustione che sono già a disposizione.
E' il momento di cambiare registro e di dimostrare ai cittadini che non si intende né vendere né negoziare la salute.
Questa è la vera sfida di questo tempo difficile: costruire un limite politico, netto e invalicabile a difesa del bene comune. E l'addio agli inceneritori è una parte importante di questa sfida.

Municipio Verde

venerdì 13 marzo 2009

Il Termoutilizzatore di Brescia di Claudio Messora



Romeo, perchè ti chiami Romeo? Cambia il tuo nome. In fondo, che cos'è un nome? Quella che noi chiamiamo una rosa, con qualsiasi altro nome, profumerebbe altrettanto dolcemente.

Anche quello che noi chiamiamo inceneritore, con un altro nome sarebbe altrettanto pericoloso per la salute. Allora chiamiamolo termovalorizzatore. Anzi no: visto che non valorizza niente, dato che il bilancio tra l'energia consumata e quella prodotta è negativo, chiamiamolo termoutilizzatore, così ci limitiamo a dire che stiamo genericamente utilizzando qualcosa senza essere costretti a specificare come.

Il Termoutilizzatore di Brescia, un mega impianto da 800.000 tonnellate l'anno, produce un decimo dell'energia erogata da una normale centrale turbogas. Di contro, il suo costo impiantistico per MegaWatt è cinque/sei volte tanto. Solo il 20% del potere calorifico presente nei rifiuti viene recuperato, contro il 55% di una centrale turbogas. Per di più, i vantaggi derivanti dalla poca energia ricavata, 570 milioni di chilowatt ora - ma le centrali si sfidano a colpi di GigaWatt - vengono annullati dallo spreco di materiali preziosi. Nella fattispecie, ogni anno vanno in fumo 5 o 6.000 tonnellate di ferro, 6.000 tonnellate di alluminio e centinaia di tonnellate di rame. Peccato che i minerali e i giacimenti fossili disponibili nella crosta terrestre non siano eterni, ma soprattutto abbiano tempi di formazione che vanno oltre la durata della vita umana. Quindi, per evitare di compromettere le riserve minerarie e fossili disponibili, dobbiamo riciclare, non incenerire.

Qui casca l'asino. I Termoutilizzatori sono investimenti fruttuosi. Mentre le direttive che arrivano dall'Europa, della quale siamo diversamente membri, considerano energia rinnovabile solo la parte organica dei rifiuti, ovvero gli scarti vegetali, da noi l'energia prodotta dai rifiuti viene considerata tutta rinnovabile, alla stregua del solare, dell'eolico, dell'idroelettrico e del geotermico. Attraverso questo giochetto, una specie di Lodo Alfano della spazzatura, gli inceneritori beneficiano dei cosiddetti CIP6, finanziati estorcendo un sovrapprezzo del 7% sulle nostre bollette elettriche. Per l'impianto di Brescia, nel 2006 ASM Spa ha ricevuto contributi per oltre 71 milioni di euro. Più si termoutilizza, più si guadagna.
Per termoutilizzare, però, ci vuole la materia prima: i rifiuti solidi urbani (RSU). Perché l'investimento renda al massimo, è necessario trovare circa 800.000 tonnellate di munnezza l'anno. A Brescia cercano disperatamente di buttare qualsiasi cosa, anche oggetti nuovi, ma in tutta la provincia, in base al Rapporto Termoutilizzatore 2006/2007, non raggranellano che la metà della spazzatura necessaria. Il resto bisogna importarla. Ecco perchè riciclare non conviene: un aumento di efficienza della raccolta differenziata diminuirebbe la pur già esigua disponibilità di rifiuti da bruciacchiare. Più riciclaggio = meno dividendi alla fine dell'anno.

Poco importa se nel latte di alcune aziende nei dintorni della città si è recentemente scoperta una presenza di diossine fuori norma. Chissenefrega se si nota un’elevatissima incidenza di tumori al fegato. Il Registro Tumori dell'ASL tranquillizza tutti: è colpa dell'abuso di alcolici. Se lo dice il Registro Tumori dell'ASL, finanziato da tale Ing. Renzo Capra il quale è anche Presidente di ASM nonchè Presidente del Consiglio di Sorveglianza di A2A - nella quale l'ASM è confluita - allora a Brescia si possono dormire sonni tranquilli. Direi tra due guanciali. Anzi, visto che le nanopolveri possono percorrere anche 300Km prima di depositarsi, vorrei lanciare un monito ai lombardi tutti: respirate a pieni polmoni, l'importante è non esagerare con i grappini!
A titolo di informazione, in Lombardia ci sono 13 impianti che fanno l'aerosol ai padani, e che tra l'altro non contribuiscono che per il 2% al fabbisogno energetico nazionale. Ora si spiega perchè Bossi è un po' iperteso. Ma il meglio deve ancora venire!

Nel 2006 il WTERT– Waste to Energy Research and Technology Council 2006 (Il Consiglio per la Ricerca e la Tecnologia della Termovalorizzazione) ha conferito al termoutilizzatore di Brescia il premio 'Industry Award 2006' per il miglior impianto di termovalorizzatore al mondo.
Il WTERT, della Columbia University, annovera la Martin GmbH tra gli Sponsors and Supporting organizatons. Indovinate chi figura tra i costruttori dell'inceneritore premiato?

Bravi, avete vinto una fialetta di nanoparticelle da inalarvi per aerosol nel caso abbiate bevuto un goccio di troppo.

Grazie a Lucia Piancastelli,
studentessa presso la facoltà di economia di firenze

mercoledì 11 marzo 2009

Roma crede nel Sistema "VEDELAGO"

Da rifiuti a risorse: il cambiamento radicale nella gestione dei rifiuti in Italia parte da casa nostra


Vedelago - “Io non voglio più nemmeno chiamarli rifiuti, per me sono materiali”. Queste parole sintetizzano meglio di qualunque altra il pensiero che in questi anni ha animato Carla Poli, titolare del Centro Riciclo Vedelago, situato in provincia di Treviso.
La dottoressa Poli è appena rientrata da Roma, dove ha richiesto ed ottenuto l’audizione in Commissione II Ambiente della Provincia, ed ha incassato direttamente dall’Assessore provinciale Piermichele Civita il grandissimo interesse che la Provincia capitolina attribuisce alla tecnologia che ha ideato, oggi unica nel gestire il riciclaggio delle frazioni differenziate stradali “multimateriale” oltre al rifiuto secco residuo da raccolta porta a porta e ed al trattamento scarti di lavorazione industriale.

La Commissione, su impegno dell’assessore, “si farà carico di portare con urgenza in discussione al Consiglio Provinciale un provvedimento specifico, sotto forma di mozione, per l’approvazione e per la trasmissione alla Regione Lazio di quanto in merito alla proposta.”

La Poli stessa commenta : “In questi anni ne abbiamo dovuti affrontare di ostacoli! Ma adesso ci stanno richiamando tutti”.

La peculiarità del “sistema” di Vedelago è data dalla percentuale di rifiuti che riesce a riciclare, circa il 98% dei rifiuti conferiti, senza inceneritori e senza discariche, e Carla si infuria abitualmente quando le amministrazioni da lei contattate le dicono che il contesto culturale non permette risultati analoghi in altre regioni d’Italia. “La gente non è mica stupida! I sindaci dicono ‘qui da noi non c’è la cultura’. Io dico: signor sindaco lei sta dando del deficiente ai suoi cittadini!”.
A quanto pare la situazione sta lentamente ma inesorabilmente cambiando, e sempre più amministratori “virtuosi” si rendono conto che il ricavo della vendita sul mercato libero dei materiali riciclati, oltre alle attività di selezione, rende l’attività dei Centri economicamente valida e sostenibile.

L’alternativa agli inceneritori c’è! E come ribadisce Patrizia Gentilini (Oncoematologo ISDE Forlì – Associazione Medici per l’Ambiente), che per prima ha diramato la felice notizia, “i sindaci e tutti coloro che perseverano sulla strada degli inceneritori dovranno sapere che i cittadini presenteranno il conto, perchè scegliere la strada della sicura nocività’ quando può essere evitata non può essere perdonato a nessuno!”.

Questa notizia che arriva da Roma può cambiare radicalmente lo scenario nella gestione dei rifiuti in Italia.

Massimo Ballali

martedì 10 marzo 2009

LA CATASTROFE DELLA SOIA TRANSGENICA IN ARGENTINA

di Gennaro Carotenuto
(03 marzo 2009)

Avevano presentato gli organismi geneticamente modificati come la soluzione a tutti i problemi dell’umanità. Tra l’altro dicevano, c’è tutta una letteratura, che gli OGM non hanno bisogno di fertilizzanti chimici o di erbicidi. Non era così. Nell’Argentina dell’agroindustria della soia, secondo la ONG “Gruppo di Riflessione Rurale” (GRR) proprio l’agroindustria sta avvelenando una delle pianure più fertili del mondo dove per non morire di cancro si scappa via. Il principale colpevole è il glifosfato, un erbicida inventato dalla Monsanto ma oggi, essendo scaduto il brevetto, prodotto da più ditte.
Si starebbero così moltiplicando i casi di tumori infantili, le malformazioni congenite, i problemi renali, le dermatiti, i problemi respiratori. Secondo uno studio dell’Ospedale italiano “Giuseppe Garibaldi” di Rosario, nelle zone fumigate ci sarebbe un aumento di tre volte dei tumori gastrici e ai testicoli, di due volte per quelli al pancreas e ai polmoni e addirittura di dieci volte al fegato.
GRR ha intervistato decine di medici rurali e abitanti dell’interno argentino e questi sarebbero i risultati tanto che dalla ONG si afferma: “La prima cosa da fare è una moratoria delle fumigazioni”. Ma il governo argentino con molta difficoltà può prendere delle decisioni in un territorio sul quale, dalla notte neoliberale, ha una giurisdizione molto limitata.
Durante gli anni del neoliberismo, infatti, mezzo territorio agricolo dell’Argentina fu venduto pezzo per pezzo a multinazionali dell’agroindustria transgenica. Oggi la metà delle campagne argentine, vaste più volte il territorio italiano, è piantato a soia transgenica. Per far crescere i 48 milioni di tonnellate di soia, esportate verso Cina, India e Stati Uniti, e che sono una delle prime voci dell’export del paese, vengono utilizzati 200.000 litri l’anno di glifosfato. Sembrava facile piantare tutto a soia in un territorio pianeggiante e con un’agricoltura altamente meccanizzata. Fu così che dagli anni ’80 in avanti la soia rubò sistematicamente spazio ai boschi, all’allevamento e ad altre coltivazioni. Se la Monsanto nega che il glifosfato sia tossico, dalla GRR si risponde che il glifosfato è il principale agente usato per le fumigazioni dei campi di coca in Colombia ed Ecuador e anche in quei casi ci sono denunce per gravi conseguenze sull’uomo.
Secondo la denuncia di GRR, raccolta da IPS: “E’ necessario sospendere le fumigazioni almeno in base al principio di precauzione”. Ma accettare tale precauzione vorrebbe dire per l’Argentina mettere in crisi completamente il modello agro esportatore. La rivista “Latinoamerica”, in questi anni, lo ha più volte denunciato: il modello dell’agroexport produce altissimi guadagni per pochi, spazza via la piccola agricoltura, non produce lavoro a causa dell’altissimo livello tecnologico e desertifica le campagne.

fonte www.gennarocarotenuto.it

lunedì 9 marzo 2009

Inceneritore di Colleferro : Arresti

RIFIUTI: NOE SEQUESTRA TERMOVALORIZZATORE COLLEFERRO, 13 ARRESTI

(ASCA) - Roma, 9 mar - Veniva bruciato un po' di tutto, nel termovalorizzatore di Colleferro, a partire dai rifiuti speciali, anche pericolosi che poi venivano commercializzati come CDR. Lo hanno appurato i Carabinieri del NOE di Roma, che dopo un'articolata e complessa indagine hanno notificato nelle province di Roma, Latina, Frosinone, Napoli, Avellino, Bari, Foggia, Grosseto e Livorno, 13 Ordini di Custodia Cautelare.

Arresti domiciliari sono finiti il Direttore Tecnico e Responsabile della gestione dei rifiuti degli impianti di termovalorizzazione di Colleferro; il Procuratore e Responsabile della raccolta dei multimateriali dell'impianto di una societa' di gestione di rifiuti di Roma; ma anche soci e amministratori di societa' di intermediazione di rifiuti e di sviluppo di software, chimici di Laboratori di analisi.

Notofocate anche 25 informazioni di garanzia. I reati contestati agli indagati, a vario titolo, sono: Associazione per delinquere; Attivita' organizzata per traffico illecito di rifiuti; Falsita' ideologica commessa dal privato in atto pubblico; Truffa aggravata ai danni dello Stato; Favoreggiamento personale; Violazione dei valori limiti delle emissioni in atmosfera e prescrizione delle autorizzazioni; Accesso abusivo a sistemi informatici.

Le indagini, durate circa un anno, con servizi di osservazione dei luoghi, ispezioni e controlli agli impianti, supportate anche da consulenze tecniche, hanno riguardato la verifica della qualita' e consistenza del combustibile da rifiuti (C.D.R.) che e' stato immesso nei cicli gestionali degli impianti di termovalorizzazione ubicati in Colleferro (RM), asserviti ai bacini di conferimento dei rifiuti provenienti principalmente dalle regioni Lazio e Campania.