giovedì 24 gennaio 2008

Modello Brescia? No grazie, preferiamo il modello Capannori

Dopo aver assistito alla disinvoltura con cui il quotidiano “Il Tirreno” ha stilato un elogio, con tanto di foto a colori in prima pagina, al termovalorizzatore “più buono” d’Italia, ci sentiamo di dover esprimere il nostro risentimento a riguardo.

Quella espressa dal giornalista del Tirreno è una lettura un po’ troppo semplicistica dei benefici dell’impianto e sicuramente è in linea con l’ondata di “terrorismo mediatico” che va tanto di moda di questi tempi e che ci vuol convincere che senza inceneritori finiremo tutti come in Campania. Eh no, non ci stiamo a questo gioco! Per prima cosa ci aspettiamo la verità! Il compito principale dei giornali deve essere quello di informare e non di incutere paure.

Innanzitutto bisogna chiarire una cosa: il termovalorizzatore di Brescia non fa bene! Non è un modello da prendere ad esempio poiché come ogni impianto di smaltimento di rifiuti a caldo produce sostanze nocive alla salute (diossine e nanoparticelle), dunque fa male alla salute.

La vicenda delle diossine ritrovate nel latte delle mucche di ben 18 aziende bresciane non si può liquidare dicendo che l’Università ha condotto uno studio ber dimostrare che non c’era alcun legame tra quella diossina e il termovalorizzatore: sembra che le 18 aziende della zona sud di Brescia che avevano le diossine nel latte al di sopra dei limiti raccomandati dall’Ue per la tutela della salute (2 pg/gr di grasso), nel momento in cui hanno smesso di alimentare le mucche con prodotti vegetali propri, siano rientrate nella norma (“Bresciaoggi” 11 gennaio 2008). Il camino dell’impianto, alto 120m, sarebbe in grado di provocare ricadute per alcuni Km, ovvero l'area interessata dalle 18 aziende.

Gli esami effettuati (circa tre volte l’anno) per verificare la presenza di diossine hanno dimostrato che i valori sono all’interno dei parametri consentiti. Tuttavia bisogna tener conto che di mc all’anno ne escono circa 5 miliardi e che ogni anno le immissioni al suolo si accumulano.

Esiste poi un problema ancora più grave: i termovalorizzatori rilasciano nell’aria polveri sottili, la cui quantità emessa aumenta al crescere della temperatura. Per quanto riguarda le polveri fini PM 2,5 e quelle ultrafini (da PM 2,5 a PM 0,1) di tipo inorganico, va innanzitutto detto che non esistono filtri efficaci, per cui un limite alla loro emissione non sarebbe attuabile al momento, se non vietando il funzionamento degli impianti di incenerimento. Queste nanopolveri sono altamente nocive in quanto responsabili di malattie cardiovascolari e respiratorie.

L’adozione di un impianto di queste dimensioni ha drasticamente disincentivato la raccolta differenziata e le alternative allo smaltimento a caldo, con un conseguente aumento di rifiuti pro-capite nella provincia di Brescia.


Pensiamo che prima di tutto debba cambiare l’approccio al problema: le amministrazioni non possono considerare i rifiuti come una fonte di guadagno attraverso l'incenerimento ma, per il bene della nostra salute, attuare una politica di riduzione all'origine! Inoltre, la raccolta differenziata PaP porta benefici in termini economici proprio per il fatto che i rifiuti sono
una risorsa vendibile, quindi fonte di ricchezza...


E soprattutto sappiamo che non dobbiamo farci terrorizzare: le alternative esistono...i modelli da prendere ad esempio sono altri, potremmo suggerire al giornalista di fare una bella gita anche a Capannori, tanto per citarne una...


Ilenia Innocenti

Comitato Ambientale Montemurlo

2 commenti:

Anonimo ha detto...

l'ignoranza mi lascia veramente basito... se non i nostri "dipendenti" chi si deve informare per mettere in atto politiche di salvaguardia della nostra salute?

Anonimo ha detto...

La domanda da porsi è se sia veramente ignoranza... Se fosse solo questo, sarebbe anche relativamente semplice porvi rimedio...